In guerra
Le “audaci imprese future” sognate da Baracca durante le lunghe e intense settimane di preparazione trascorse a Parigi, tardarono ad arrivare. Una volta tornato in Italia, l’aviatore romagnolo dovette ben presto confrontarsi con una situazione totalmente diversa rispetto a quella francese. Oltre alla scarsità di mezzi, rispetto alle grandi masse di velivoli sul fronte occidentale, il territorio tra Italia e Impero Austroungarico era morfologicamente frastagliato, ciò incise, oltre che sulle battaglie in trincea, pure sull’attività in cielo. Il più grande ostacolo fu rappresentato però dall’inesperienza nel condurre una guerra aerea: dai pressoché inesistenti sistemi di avvistamento e di allarme fino alle rudimentali tecniche di combattimento, afflitte pure da malfunzionamenti delle armi, quando presenti.
L’arrivo dei Nieuport 11 al reparto e il continuo affinamento delle proprie capacità consentirono a Baracca e compagni di conquistare i primi successi all’inizio della primavera del 1916.
Il 7 aprile Baracca divenne il primo pilota italiano ad abbattere un Brandenburg austroungarico nei pressi di Medeuzza, dopo pochi minuti venne emulato dai compagni di squadriglia Tacchini, Olivari e Bolognesi a Cortello di Pavia di Udine. Per tale impresa, gli venne concesse la prima medaglia d’argento.
Francesco colse il secondo successo dopo poco più di un mese, il 16 maggio a Gorizia, vittoria che venne però omologata solamente alcuni mesi dopo grazie alla testimonianza di un prigioniero austriaco. Le procedure di convalida degli abbattimenti variavano da Paese e a Paese, e quelle italiane erano piuttosto stringenti e necessitavano di verifiche quali rapporti della contraerea o di altri aviatori, o dei già citati nemici. Baracca raggiunse la 5a vittoria il 25 novembre 1916, guadagnandosi così il rango di “asso”.
Le continue migliorie tecniche sviluppate nel corso del conflitto consentirono ai reparti aerei di fornirsi di biplani sempre più performanti.
Alla fine dell’autunno 1916 arrivarono alla base di S. Caterina i primi esemplari di Nieuport 17, muniti del sistema di sincronizzazione che permetteva alla mitragliatrice di sparare attraverso il giro dell’elica. Proprio su questo modello di aereo comparve per la prima volta il Cavallino Rampante, insegna personale di Francesco, scelta da quest’ultimo per omaggiare il proprio reggimento, il Piemonte Reale Cavalleria.
Appena un mese dopo la costituzione della 91a Squadriglia, Baracca ne assunse il comando il 6 giugno, trasferendo il reparto ad Istrana per circa un mese in occasione dell’offensiva sull’Ortigara.
Grazie anche alla disponibilità di nuovi apparecchi come gli SPAD VII e XIII, il numero delle vittorie continuò a incrementare, soprattutto nelle dolorose settimane successive alla battaglia di Caporetto. La ritirata comportò il trasferimento di Baracca e compagni a Padova e una riorganizzazione della squadriglia tra perdite in combattimento e nuovi arrivi.
Il nome di Baracca raggiunse la consacrazione l’8 dicembre 1917, all’indomani del 30° abbattimento, quando fu citato nel bollettino del Comando Supremo.
La vittoria sul Monte Kaberlaba fu inoltre una delle motivazioni per la concessione della Medaglia d’Oro al Valor Militare, consegnata a Francesco il 24 marzo 1918 alla Scala di Milano.
Ad aprile, a causa delle incursioni nemiche su Padova, Baracca decise di trasferire il reparto in una località più appartata, nelle campagne di Quinto di Treviso, qui trascorrerà le ultime settimane prima della decisiva Battaglia del Solstizio.
“Tra breve, forse fra una decina di giorni, formerò una squadriglia di pochi scelti piloti, montati su nuovi apparecchi rimanendo dove sono”
Lettera del 10 aprile 1917 scritta da Francesco Baracca alla madre Paolina Biancoli
La 91a Squadriglia
Con queste parole, indirizzate alla madre nella lettera del 10 aprile 1917, Francesco Baracca preannunciò la creazione di un nuovo reparto aereo, alle dirette dipendenze del Comando Supremo, sul campo di Santa Caterina di Udine.
Agli ordini del comandante Guido Tacchini, furono assegnati, oltre a Baracca, i migliori piloti della 70a Squadriglia: Luigi Olivari, Fulco Ruffo di Calabria e Goffredo Gorini. Fu aggregato al gruppo pure Ferruccio Ranza, proveniente dalla 77a Squadriglia.
La squadriglia fu inizialmente equipaggiata con quattro Spad VII e tre Nieuport 17. Nonostante l’iniziale riluttanza dettata dal poco gradito lavoro d’ufficio, Baracca ne divenne comandante il 6 giugno.
Lo stesso giorno la 91a Squadriglia Caccia si trasferì ad Istrana, a supporto dell’imminente attacco italiano sull’Ortigara; rientrando a Santa Caterina il 4 luglio. Grazie alle innumerevoli vittorie, alla 91a venne presto affibbiato l’appellativo di “Squadriglia degli Assi”. Baracca aveva inoltre la facoltà di scegliere personalmente i propri uomini, richiamando di conseguenza i piloti più capaci da altri reparti fra i quali Bartolomeo Costantini, Giovanni Sabelli, Giuliano Parvis, Cesare Magistrini, Gastone Novelli e Guido Nardini. La Squadriglia contava spesso e volentieri pure sull’apporto di Pier Ruggero Piccio, comandante del X Gruppo e successivamente ispettore della specialità caccia.
Il gruppo di piloti, caratterizzato da una certa disomogeneità per quanto riguardava l’estrazione sociale e la gerarchia militare, riconosceva in Baracca una guida autorevole ma non autoritaria, rispettosa nei loro confronti e soprattutto generosa nell’azione e nel dare l’esempio. Caso emblematico fu la tragica ritirata di Caporetto, dove la 91a dovette affrontare alcune dolorose perdite e soprattutto abbandonare la propria base per riparare poi a Padova. Baracca fu l’ultimo ad abbandonare il campo, incendiando gli aerei che non si potevano trasportare e decollando sotto la pioggia scrosciante.
Durante la permanenza a Padova, i membri della 91a decisero di adottare come emblema il grifone, creatura mitologica metà leone e metà aquila, simbolo “dell’ardire e della ferocia ” sia in terra che in aria.
Nell’aprile del 1918 la squadriglia si trasferì a Quinto di Treviso, base che mantenne fino alla fine della guerra. Dopo la morte di Baracca durante la Battaglia del Solstizio, il comando passò nelle mani di Fulco Ruffo di Calabria e successivamente, in settembre, a Ferruccio Ranza.
Al termine del primo conflitto mondiale, la Squadriglia aveva accumulato 98 vittorie accertate, pari a circa la metà dei velivoli austroungarici abbattuti in territorio italiano e ben 11 membri poterono fregiarsi del titolo di Asso.
La 91a non fu mai sciolta e dal 2010 è stata assegnata, con il 10° Gruppo, alle dipendenze del 36° Stormo.
Il grifo è tuttora presente nello stemma dell’Aeronautica Militare Italiana a simboleggiare la specialità caccia.